Lockdown alla Veneziana

CW: COVID-19

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Will Winning

Column II

In January this year, I travelled to Venice to begin a period as a research student attached to Ca’ Foscari University. My arrival in the city coincided almost exactly with the beginnings of the pandemic, and I quickly found myself stuck in a city famous for plague and death. To make the situation even more perfect, I moved from my first flat (in which every kitchen appliance threatened death by electric shock) to a flat next to the hospital and opposite the city’s cemetery on the island of San Michele. Then the lockdown began. It was almost too good to be true.   

But once the lockdown ended, the situation changed entirely. The absence of tourists and many of my fellow students gave me the glorious opportunity to experience the beauty and vitality of the city in conditions unparalleled in recent history. In this and the next three articles, I will be describing some of my reflections on the city during that period. Serenissima? I don’t think so!

Credit: Will Winning

Credit: Will Winning

Quando pensiamo a Venezia, quella città completamente unica al mondo, ci viene spesso l’immagine di qualcosa bellissimo ma irreale, un’antica nave miracolosamente preservata dal naufragio del tempo. Ci andiamo in vacanza, esploriamo le sue calli e salizade, facciamo una gita in gondola, scattiamo foto davanti al Palazzo Ducale e la Basilica di San Marco e poi torniamo a casa, storditi dalla sua bellezza, lamentandoci dei troppi turisti (come se non fossimo anche noi turisti) insieme ai nostri amici. Non c’è niente di straordinario in tutto questo. Non è affatto sorprendente che parliamo e facciamo così se pensiamo che fin dalla sua nascita Venezia si sia sempre avvolta in un velo di miti e leggende. 

Il primo mito di Venezia riguarda le sue origini. Sfuggendo alle incursioni degli Unni, i primi coloni della Serenissima si misero al riparo nella Laguna, un territorio che prima di quel momento era del tutto selvaggio e inabitato. Col tempo però, da un terreno poco promettente per un nuovo insediamento è cresciuta forse la città più bella del mondo, una città costruita sulle acque. Natura non facit saltus: “la natura non fa salti”. Evidentemente, la natura ha fatto un’eccezione per Venezia.

Pure i Veneziani di oggi parlano della loro città come un miracolo. La padrona della casa che ho affittato durante l’ultima parte del mio soggiorno raccontava le acque alte dell’anno precedente in termini quasi biblici. Per quanto fosse consapevole delle reali cause delle inondazioni, lei non poteva esprimere le sue emozioni al riguardo se non con parole sacre e misteriose. Ma anche qua non c’è niente di sorprendente. Quali altre parole servono per raccontare vicende così drammatiche? In quale altro modo si potrebbe raccontare la città di San Marco, a cui (così dice la leggenda) è apparso un leone alato mentre era in viaggio da Aquileia a Roma, promettendogli che sarebbe sopravvissuto alla tempesta marina e un giorno le sue ossa sarebbero state collocate nella Basilica? Ogni sanpietrino, ogni cupola di Venezia è avvolta nel mito e, invece di sformarla, i suoi miti sono magari l’unico mezzo che esiste per descriverla fedelmente. Che altro ci si deve aspettare da una città eretta sulle onde?

Questa tendenza veneziana di mitizzare la loro città si esprime attraverso diversi modi. Per i bambini veneziani, la città è ovviamente un pesce, come si capisce facilmente anche quando si apre una mappa della città. Ma non solo questo. Nelle pagine di uno degli innumerevoli libri scritti su Venezia, ma uno dei pochissimi scritti da un veneziano, Venezia è un pesce di Tiziano Scarpa, la città assomiglia più a una creatura favolosa, uno di quegli animali immaginari che si vedono nei manoscritti medioevali. È un pesce capace di stravolgere i nostri sensi con la sua bellezza abbagliante dalla quale, per ragioni di salute, così ci dice l’autore pretenzioso, dobbiamo difenderci.

Credit: Will Winning

Credit: Will Winning

Non è un caso infatti se parliamo così quando torniamo da Venezia, e sospiriamo e piangiamo la sua “morte” nelle mani delle acque alte dell’Adriatico o dei sempre crescenti livelli di turismo prima del COVID-19. Venezia si è sempre nutrita dei miti. Anche ai tempi della sua massima potenza, la Serenissima ha creato una sua mitologia per garantire la sua sopravvivenza in un mondo di stati assai più grandi. La “morte” di Venezia, per quanto corrisponda purtroppo al vero, è solo la favola più recente che i veneziani hanno raccontato per affascinare il resto del mondo con la loro sempre incantevole città. Quando parliamo di Venezia attraverso le sue leggende allora, parliamo con il linguaggio che ha costruito essa stessa per rappresentarsi.

Questi sono i pensieri che mi vengono in mente quando mi ricordo un viaggio che ho fatto subito dopo la fine del lockdown. In quel periodo abitavo sulle Fondamenta Nuove, da dove partono i vaporetti per le isole che sono al nord di Venezia – Murano, Torcello, Burano. Quel giorno decisi di andare inoltre a San Michele, l’isola dove si trova il cimitero dei Veneziani la cui facciata vedevo quasi ogni giorno da casa mia, ma in cui non ero mai stato. Mentre stavo tornando col vaporetto da Burano per San Michele, mi è apparsa una visione della storia di Venezia, come in un trittico, che voglio raccontarvi. Da un lato della barca si intravedeva ciò che avrebbero dovuto vedere i primi colonizzanti quando entrarono nella Laguna al riparo dagli attacchi degli Unni: decine di minuscole paludi, pezzetti di terra che sembravano sfiorare le dolci onde della Laguna, isolette con i resti dei palazzi antichi che appena sorgevano dalle acque. Dall’altro lato, nel cielo circolavano gli aerei in arrivo e partenza dall’aeroporto che in tempi normali avrebbero portato migliaia di turisti. E davanti a me la faccia della città antica ma moderna. Fu una visione del presente, passato e futuro di Venezia, di tutta la sua storia nella sua totalità. Le crisi che sta affrontando adesso la città mi parevano, mentre ero di ritorno dalle isole, come un altro capitolo nella sua storia, non come un’altra spia del collasso al quale è segnata dalle stelle. Un altro mito per raccontare l’identità di Venezia. Ma se è così, che c’è di male?

Will Winning is a third year PhD student in Classics at Cambridge. Asides from his studies, he has worked in publishing and is interested in music, travelling, and anything to do with Italy. He spent January to August this year as a visiting student at Ca' Foscari University, Venice. 

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